Pulitzer per la musica consegnato ad un rapper: Kendrick Lamar

Nel 2018 Kendrick Lamar, rapper nato a Compton, California (1987), si porta a casa, per la categoria musicale, il primo premio della storia dei Pulitzer assegnato ad un rapper.

Il premio non soltanto rappresenta un traguardo per Kendrick, ma per l’hip hop in generale. È infatti la prima volta che un album non jazz o non classico si porta a casa il premio.

Ma cos’è il premio Pulitzer?

Il premio Pulitzer è un premio statunitense, considerato come la più prestigiosa onorificenza nazionale per il giornalismo, successi letterari e composizioni musicali. Venne istituito da Joseph Pulitzer ed è gestito dalla Columbia University di New York.

Come mai la notizia di un Pulitzer consegnato ad un rapper ha destato tanto scalpore?

Gli unici generi musicali “colti” sono il classico ed il jazz. Tutti gli altri generi non sono mai stati neanche considerati come vincitori di un premio così prestigioso. Con Lamar sono state infrante tutte le regole che fino ad oggi definivano il vincitore del Pulitzer.

“Una pietra miliare messa a segno per la capacità di raccontare l’esperienza afroamericana”: con questa motivazione Kendrick Lamar è diventato il primo rapper a vincere il Pulitzer per la musica. La cerimonia di premiazione si è svolta lunedì 16 aprile presso la Columbia University di New York, dove la giuria ha definito il suo recente disco, Damn., “una collezione virtuosa di canzoni accomunate da vernacolare autenticità e da dinamiche ritmiche che propone aneddoti ficcanti in grado di catturare la complessità della vita moderna degli afroamericani”.

Di cosa parla il suo recente disco, Damn?

Nei suoi flussi di coscienza’ Lamar si interroga su un’adolescenza sempre in bilico tra la cosa giusta da fare e quella più conveniente, racconta il microcosmo del quartiere, del ghetto dove l’ignoranza trionfa, come cantava in Ignorance Is Bliss, ‘L’ignoranza è felicità’, non nascondendo l’attitudine gangsta e il crimine dilagante ma gridando “non sappiamo cosa facciamo”.

Cita Martin Luther King e Malcolm X, racconta i sogni infranti e le visioni alterate della comunità afroamericana che lo circonda, isolato dopo isolato, con una cruda poetica. “Riempiamo il vuoto della disoccupazione facendo i criminali, le strade parlano, riempiamo gli spazi con le nostre bare, riempiamo le banche di soldi, riempiamo le tombe di padri, riempiamo i bambini di stronzate, blog e pulpiti, li riempiamo di gossip. Deve essere così che Pac si sentiva: come se l’apocalisse stesse per arrivare”, dice in Feel.

Raccontare in maniera nuda e cruda la vita del ghetto, senza peli sulla lingua, senza censura. Raccontare fatti di cronaca quotidiana in rima, cantando, ballando, ma senza mai perdere di vista la realtà, la verità, il suo obiettivo. Frasi toccanti, a volte struggenti che toccano nel profondo. Un modo nuovo di raccontare ciò che ci circonda. Un modo diverso di fare arte.

Un traguardo importante che ha segnato non solo la carriera di Kendrick Lamar ma la storia dell’Hip Hop.